Mind the gap

Mind the gap

Mentre sto scrivendo questo pezzo l'Italia ha scoperto dell'ennesimo femminicidio.

Ho ricevuto diversi messaggi di uomini che hanno bisogno di parlare. Sto cercando di non dare per scontato nulla e di partire da una base comune in modo che tutto il percorso, da premesse a conclusioni, sia accompagnato.

Persone che già hanno conoscenza avanzata dei concetti trattati, sia che ci siano arrivate attraverso lo studio che attraverso esperienze vissute troveranno tutto abbastanza banale.

C’è una leggera paura di fondo che quello che scrivo venga travisato e io mi ritrovi a dover difendere posizioni che non considero mie.

Chiedo a chi legge un pizzico di clemenza, non è vostra responsabilità correggermi ma ne sarei grato.

Per evitare di toccare nervi scoperti in questo momento soprattutto per persone che sono state vittimizzate in passato discuterò dei fatti della vicenda e della risposta effettivamente comparsa sui social solo alla fine di questo piccolo scritto, dopo un separatore che apparirà così.

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Spesso ci scontriamo con le differenze tra realtà e mondo ideale.

Il mondo in cui ci troviamo ora è un mondo che cerca disperatamente di arrivare agli obiettivi che l’umanità si è informalmente proposta.

L’obiettivo generale è un mondo dove effettivamente non servono considerazioni speciali per le caratteristiche innate delle persone perché tutti sono messi sullo stesso piano senza differenza di genere, sesso, razza, orientamento sessuale eccetera.

Il mondo in cui viviamo non è così. Le persone vengono messe in categorie più o meno stagne a seconda delle caratteristiche con cui sono nate, la socializzazione che hanno avuto durante e dopo la crescita, la zona geografica di nascita, il colore della loro pelle, disabilità (permanenti o temporanee, innate o successive).

Spesso mi riferirò a uomini e donne, bianchi e non bianchi e a varie altre categorie come monoliti perché voglio mantenere questo discorso semplice pur sapendo che ogni categoria possiede in sé un caleidoscopio infinito di variazioni di persone e esperienze.

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Noterai come sia estremamente facile appartenere ad una o più di queste categorie contemporaneamente.

Tutte le categorie sono oppresse, in modi assolutamente non equivalenti, e una persona che fa parte di più categorie sperimenta sulla propria pelle più tipi di oppressione che si intersecano in vari modi che sono oggetti di studio. Immagina per esempio quanto sia diversa la vita di una persona queer a seconda che si trovi negli Stati Uniti o in Ungheria, quanto sia diverso essere un uomo bianco in Italia rispetto ad uomo razzializzato. Razzializzato è solo un modo per riferirsi alle persone a cui la società affibbia caratteristiche e oppressioni varie, cerca di riflettere come sia un’imposizione esterna e generalmente violenta. In generale preferisco usare “di colore” o “non bianco” se parlo della categoria delle persone razzializzate semplicemente perché alcune persone hanno un disgusto innato per ogni cosa che mette una patina di intellettualismo nella vita di tutti i giorni. Io personalmente preferisco usare “di colore” ma è argomento molto pesante e discusso quindi questa è solo una mia scelta personale, chiama le persone come ti chiedono di chiamarle.

Esiste il razzismo ed esiste il sessismo, una donna di colore normalmente sente il peso sia di uno che dell’altro e spesso in una combinazione che va oltre la somma delle due. Ma non sempre appartenere a più categorie porta ad un peggioramento dell’oppressione. Sono sicuro che Oprah riceva la sua dose giornaliera di razzismo e sessismo ma in qualità di miliardaria sono altrettanto sicuro che la sua vita sia nettamente migliore del maschio bianco cis medio. Cis significa non trans quando si riferisce alle persone. Significa solo “da questo lato”, pensa alla cisgiordania, “da questo lato del Giordano”. Non ha accezioni intrinsecamente negative, checché se ne dica.

Una rappresentazione di onde che si amplificano e cancellano quando si incontrano
Una rappresentazione di onde che si amplificano e cancellano quando si incontrano

Se hai capito questo concetto, congratulazioni, hai capito il concetto di intersezionalità.

Ricapitolando, serve una visione intersezionale del mondo perché nel mondo in cui viviamo esistono differenze esogene che hanno bisogno di essere discusse da noi e di essere appianate dallo Stato.

Da uomo bianco cis la vita è comunque complessa e piena di problemi, nessuna categoria è priva di oppressione.

Per tutti tranne proprio una piccola fetta di privilegiati l’esperienza di tutti i giorni è ben lontana dall’essere quella del mondo ideale.

Ricordati, un uomo bianco può avere problemi mentali ed essere oppresso da un sistema che non lo aiuta, un uomo nero può avere gli stessi problemi e in più il fatto di essere discriminato, la loro esperienza di vita è simile e allo stesso modo categoricamente diversa.

Reitero questo concetto perché voglio suggerirti che quando guardiamo la distanza tra noi e un mondo ideale essa c’è un gap infinito tra la nostra percezione e quella delle categorie più oppresse.

Quando ti guardi indietro è facile pensare che tante delle differenze non siano che una vittimizzazione autoinflitta. Le donne non sono davvero oppresse, fanno le vittime. Le persone di colore non sono davvero oppresse, fanno le vittime. Il motivo è che pensiamo di capire cosa significhi essere oppressi ma è un’esperienza talmente aliena nella sua forma primordiale che penso sia sempre scioccante quando succede.

Quindi facilissimo pensare che queste differenze non esistano davvero e renderle tutti argomenti senza taboo e su cui ridere. Purtroppo su questo argomento dovremo tornarci.

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Hai presente come da uomo la società si aspetta che tu sia forte, senza paura, pronto a morire per la carriera e che l’aspettativa è che tu sia il pilastro finanziario di ogni coppia, anche quelle temporanee (l’aspettativa è che tu offra anche al primo appuntamento in parole povere). Questa è oppressione data dall’appartenenza alla categoria “uomo”. Queste aspettative sono state create dai nostri padri e madri, i nostri nonni e i nonni dei nostri nonni e vengono da una tradizione che non poteva permettersi di ignorare realtà biologiche e che ha utlizzato violenza, religione e qualsiasi possibile istituzione per creare due classi separate dove una ha la responsabilità di tutto e l’altra è responsabile della riproduzione della specie e della protezione della prole.

L’oppressione che distrugge la vita di tantissimi uomini è il patriarcato, che a differenza di come viene normalmente descritto è violenza sia su uomini che donne.

Quando vieni snobbato perché troppo emotivo o perché non sei al top della tua carriera, quando la persona davanti a te ti dice che sei un poveraccio perché non hai offerto al primo appuntamento, stai vedendo come il patriarcato ti vittimizza e ha in sé i semi per riprodursi all’infinito. Il patriarcato è una mentalità che tocca tutti, a cui nessuno è immune. Lo so che esistono donne che sono le più grandi proselitrici del patriarcato. Sei vittima tu, sono vittima io, sono vittime le donne e tutte le categorie, la differenza è che il rapporto vantaggi/responsabilità è orribile per gli uomini e molto peggio per ogni altra categoria.

Se mi stai seguendo fino a qui, hai capito a grandi linee il concetto di Patriarcato.

Ora:

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Il femminicidio è l’utilizzo della violenza per attaccare una specifica categoria di persone che sono cresciute per essere più fisicamente deboli, più fragili economicamente e più controllabili rispetto agli uomini. In sé il femminicidio è una rottura del contratto sociale e un ritorno alla legge del più forte. Ogni violenza è un fallimento dello stato.

Il motivo per cui esiste uno stato è quello di appiattire le diversità tra le categorie in modo che tutti possano avere lo stesso livello di supporto e un punto di partenza che possa permettere ad ogni persona di raggiungere al meglio il proprio potenziale.

Lo Stato è tale perché come società abbiamo creato istituzioni a cui diamo il monopolio sulla violenza, abbiamo deciso che la legge del più forte può essere sfruttata a nostro vantaggio per mantenere la società stessa.

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Nessuno di noi è oltre i crimini violenti. Credere di esserlo è più un sintomo di mancanza di autocritica che di maturità. Credere di essere in qualche modo asceso oltre la violenza è un tratto che sento in profonda dissonanza con la mia esperienza da uomo. Una parte fondamentale dell’esperienza è la consapevolezza che il mio corpo e il tuo sono stati ottimizzati in milioni di anni per poter infliggere estrema violenza. Parte dell’esperienza di essere un adulto è quella della gestione della rabbia, di tutte le emozioni in modo che questa tendenza innata sia tenuta a bada.

La violenza è qualcosa di innato, che è quasi naturale infliggere anche alle persone che amiamo, per farti un esempio, che fatica bisogna fare per convincere un genitore che picchiare i propri figli sia sbagliato? Quella violenza è espressa in termini di qualcosa di negativo ma utile per la persona che la riceve, amore malformato e mal espresso.

Quasi tutta la violenza viene fatta con una giustificazione di qualche tipo e sono sicuro che sia sempre possibile trovare un motivo valido post-hoc.

Ricordati che la società normalizza molti tipi di violenza non fisica in modo da rendere la donna ancora un essere più fragile.

Il motivo per cui il femminicidio è una categoria a sé è che è una perfetta cartina tornasole del trattamento delle donne nella società. Peggio le donne vengono trattate più spesso vediamo violenze.

Spesso ci scontriamo con le differenze tra realtà e mondo ideale.

In un mondo ideale non avrebbe senso generalizzare. Le persone che parlano di tutti gli uomini sbaglierebbero. Non avrebbe alcun senso puntare il dito verso un’intera categoria.

Nel mondo in cui viviamo ha invece senso. Allo stesso modo in cui gli scioperi hanno l’obiettivo di creare disagio a tutte le persone in modo da creare cambiamenti dipendenti anche solo da una dozzina di persone.

Quando un’intera categoria sciopera per fare in modo che un singolo ministro cambi idea capiamo istintivamente che il punto sia di creare disagio a tutti in modo che le lamentele arrivino a chi devono arrivare e di creare awareness in tutte le persone attorno che a loro volta lotteranno per i lavoratori in sciopero. Se sotto un certo governatore il pane non viene mai sfornato, stai tranquillo che al prossimo voto qualcosa cambia.

Creare disagio nella categoria è un moltiplicatore di potere e una valvola di sfogo per un tipo di violenza che nell’assenza del leviatano sarebbe giustificabile.

Essere offeso dalla generalizzazione è un regalo che ti viene fatto, è una chance per te di dimostrare che non fai parte della categoria e che non sei incamminato verso alcun tipo di violenza verso categorie più deboli,

Il disagio per tutti fa in modo che tutti si sentano in dovere di esprimere solidarietà e cambiare la direzione della società.

Così la prossima volta che un nostro amico scherza sul far ubriacare una ragazza per portarsela a letto puoi guardarlo in faccia e dirgli che fa schifo, con tutto il peso della società dietro di te.

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