# Conversazione con Margherita Ieri ho avuto una conversazione con Margherita, una persona che conosco poco e che incontro di rado. C'è una caratteristica di Margherita che mi è sempre rimasta in mente e che finalmente ieri ho potuto esplorare un pochino di più: il fatto che Margherita è una di quelle persone **super** innamorate dell'arrampicata. Per cui le ho fatto qualche domanda sulla questione e ho trovato una serie di spunti davvero interessanti su cui sto ragionando da ieri. Prima di tutto, perché l'arrampicata? A quanto pare l'arrampicata sta diventando sempre più popolare, e ha forti radici nel substrato culturale italiano. La maggior parte delle persone con cui parlo che fanno arrampicata mi dicono che hanno iniziato o in parte vanno in palestra a fare arrampicata, ma la stragrande maggioranza poi fa arrampicata diciamo all'aperto, nel "pubblico" tra virgolette. C'è una cosa che mi ha sempre allontanato dall'idea dell'arrampicata in generale: la mia tolleranza al rischio per questo tipo di attività è molto molto bassa. Semplicemente rompermi un paio di dita sarebbe abbastanza catastrofico, e quindi cerco di evitare in questi casi, in qualsiasi modo, rischi non necessari. Quello che mi ha colpito è che in realtà Margherita fa di questo rischio un incredibile strumento di ragionamento. Mi parla dell'arrampicata come di qualcosa dove nove volte su dieci non va esattamente come la pensi tu, e di un modo per mettersi in crisi e ragionare su quello che sta facendo. E addirittura che questo outlook sulla vita è riuscita a trasmetterlo, cioè questo set di comportamenti che l'arrampicata le ha fatto fare, è riuscita a tradurlo nella vita di tutti i giorni. Per cui praticamente il fatto di non dare nulla per scontato, di controllare due volte tutto, e di riuscire a trovare un percorso nell'adattabilità, sono tutte cose che è riuscita a raggiungere e riutilizzare dall'arrampicata. Che secondo me è molto interessante. Un'altra cosa che mi ha colpito è stato il fatto che attraverso l'arrampicata sembra che lei sia in grado di raggiungere quello che ovviamente non ha mai specificato, ma che è la descrizione one-to-one di un flow state - una cosa che sto cercando di riprodurre con moderato successo, anche se vorrei che fosse una cosa on demand anche nella mia vita di tutti i giorni. **Cosa intendo per flow state e perché è interessante:** Il flow state è quello stato psicologico in cui ti trovi nell'intermezzo giusto, cioè nell'incrocio corretto tra difficoltà e concentrazione. La tua mente si svuota e i tuoi movimenti non sono automatici, ma non nascono dal tuo ego. È quello stato di completa immersione nell'attività presente, dove la percezione del tempo si altera, l'autocoscienza scompare, e c'è una fusione perfetta tra azione e consapevolezza. È caratterizzato da concentrazione intensa, obiettivi chiari, feedback immediato, e un senso di controllo paradossale, controllo senza sforzo **cosciente**. Pensavo che il flow state nell'arrampicata fosse raggiungibile più attraverso il bouldering, dove in ogni momento stai utilizzando una grossa parte delle tue capacità fisiche e mentali per continuare ed arrivare allo step successivo. Quello che invece Margherita mi ha detto e che mi ha davvero davvero iniziato a cambiare la prospettiva è che il suo modo di raggiungere questo stato (che ripeto lei non ha mai definito come flow, ma che è davvero simile e ci scommetterei che è lo stesso) è quello della corda, dove non è tanto il momento singolo ma il flusso. E sto cercando di capire come riprodurre questo pensiero che mi ha dato nella vita di tutti i giorni. Il mio modo di pensare è molto basato su corti momenti di lucidità, corti momenti di focus, e accedere ad un flow costante è sempre stata un'impossibilità nella mia ricerca, nel mio formare il modo in cui penso. Questa è sempre stata una direzione che ho pensato infruttifera: che non avrei mai potuto raggiungere il flow state attraverso una concentrazione diciamo medio-bassa per lungo tempo, ma che il flow state sarebbe sempre stato come è stato più volte per me: una porta che si apre con uno sforzo sovraumamo. L'ho sempre vista come una porta enorme che si apre su un oceano di nuvole.